Verso il Consiglio Nazionale/Far valere le ragioni della nostra ritrovata unità

La drammaticità del momento politico-economico

di Roberto Cangiamila

Papa Ratzinger ha definito gli agnostici "più vicini al regno di Dio di quanto lo siano i fedeli ‘di routine’, che nella Chiesa vedono ormai soltanto l’apparato, senza che il loro cuore sia toccato dalla fede", e ha ricordato che nella storia "il danno maggiore per la Chiesa non è venuto dagli avversari, ma dai cristiani tiepidi".

Una riflessione, quella del Pontefice, che sembrerebbe calzare a pennello nella raffigurazione della condizione in cui versa oggi il partito. Un partito che deve ritrovare gli stimoli alla competizione, economicamente sofferente, che ha avuto, sì, garantita la rappresentanza parlamentare a fronte di un accordo di coalizione, ma che dovrà ricercare necessariamente nuovi strumenti per acquisire il consenso.

Avremmo dovuto e forse potuto arricchire il partito con le esperienze di vita, le competenze professionali e l’impegno sociale di ognuno; avremmo dovuto prestare più attenzione all’ascolto e mostrare disponibilità al confronto. Stare in mezzo alla gente ci avrebbe potuto aiutare nell’analisi delle criticità, nella percezione degli stati d’animo.

La drammaticità del momento politico-economico e la crisi sociale che stiamo vivendo non ci consentono di rinviare la ricerca delle soluzioni. Il Governo Monti ha elaborato la sua proposta e su questa manovra le forze politiche e le parti sociali hanno già espresso il loro parere: salvare il Paese dal default per assicurare la vita dell’euro è una priorità non rinviabile. Non possiamo limitarci, però, ad accettare e sottoscrivere acriticamente decisioni e soluzioni imposte dall’urgenza e richieste dall’Europa.

Quando la manovra sarà approvata e per ogni singola materia si dovrà entrare nel merito, il PRI non potrà esimersi dal partecipare ai cittadini il suo progetto per un’Italia migliore, più affidabile e coesa. Un’azione tesa a rafforzare la valenza delle riforme strutturali per garantire al Paese stabilità e crescita economica, a difesa della democrazia, nel rispetto dei valori costituzionali. Dovremo chiederci quale impatto avrà la riforma del sistema pensionistico sulla società e sui lavoratori; elaborare una proposta organica sul sistema fiscale, tornare a discutere di legge elettorale e testamento biologico, affrontare la questione morale, immaginare una politica estera che includa il Mediterraneo, ridisegnare priorità e pensare a un Paese moderno, competitivo, dotato di infrastrutture, che veda il Sud protagonista dello sviluppo.

Essere repubblicani, sentire da repubblicani, partecipare da repubblicani presuppone vivere le dinamiche della vita sociale senza essere falsi moralisti, senza esprimere giudizi privi di analisi; significa avere un’idea, esporla, confrontarsi su questa. Insomma essere repubblicani vuol dire essere protagonisti.

Dobbiamo nuovamente elaborare proposte, cosa diversa dalle tesi congressuali - che erano e restano valide. Non dobbiamo rinunciare al nostro ruolo storico: quello di spina nel fianco di governi, di voce fuori dal coro. In passato siamo stati definiti la coscienza critica della maggioranza di governo. Scomodi, ma per questo mai arrendevoli. Abbiamo ricevuto il rispetto dagli alleati e dall’opposizione, non siamo mai stati compiacenti, mai asserviti alla logica del padrone.

La situazione ci potrebbe aiutare a ritrovare vitalità. L’incertezza che presenta il Governo Monti, per il sostegno che di volta in volta il premier deve negoziare con le forze politiche, in cambio della maggioranza, potrebbe divenire lo strumento per ottenere visibilità. Si aprirà una fase di ascolto che potrebbe tornare utile per dimostrare a noi stessi e agli italiani che vogliamo occupare degnamente uno spazio nel panorama politico: che meritiamo fiducia.

La posizione che assumerà il PRI in questo delicato passaggio storico, in cui tutti gli schieramenti si stanno riposizionando e stanno divenendo altro rispetto alle loro origini, in cui non è chiaro con quale sistema elettorale si tornerà alle urne, darà la possibilità alle ragioni del repubblicanesimo di sopravvivere o di essere consegnate per sempre al ricordo e al passato.

Se non vogliamo che questo accada, siamo obbligati ad assumere una linea chiara, a metterci in discussione, ad essere preparati a prendere decisioni e a far valere le ragioni della nostra ritrovata unità. Il superamento della diaspora ci ha reso più forti e più ricchi di esperienze e di proposte. Dobbiamo sfruttare questa nuova condizione.

E’ necessario confrontarsi, dibattere, riflettere, fare sintesi, affinché l’essere repubblicano riscopra la sua vera natura, la sua essenza. Forse è arrivato anche il momento di credere di più nella nostre possibilità, nella forza delle nostre idee, nella storia e nella tradizione di cui siamo testimoni. Dovremo promuovere iniziative pubbliche, utilizzando anche i congressi territoriali, per trasmettere un nuovo modo di intendere l’impegno politico, progettuale e di proposta. Abbiamo bisogno di intercettare nuove energie, di aggregare gli scettici e gli indecisi, di misurarci con una nuova sfida.

Abbiamo bisogno di far sognare i giovani, di spiegare perché siamo repubblicani e laici, ma non laicisti; perché è importante esserlo, oggi più che nel passato, perché ci adoperiamo da sempre per affermare le ragioni superiori della democrazia.

Se non torneremo ad anticipare gli eventi, avremo bruciato 150 anni di tradizione, avremo consumato un patrimonio di idee e non avremo più un partito che abbia la dignità del Partito Repubblicano.

Riprendiamoci il nostro spazio, avremmo molte ragioni per spiegare quale Italia vorremmo!

Non perdiamo l’occasione di dimostrare che abbiamo una visione strategica, che sappiamo di cosa ha bisogno il nostro Paese, che siamo capaci di elaborare valide soluzioni. Solo se avremo proposte concrete e se sarà dato spazio alle nostre idee, sosterremo da protagonisti chi sarà chiamato a governare.

Se crediamo nei valori repubblicani, nella qualità delle idee che hanno ispirato l’azione repubblicana e se pensiamo che valga ancora la pena di difenderle e divulgarle, non possiamo lasciar passare questo momento particolare, delicato, che potrebbe consegnare definitivamente alla storia il partito o rilanciarne il pensiero e l’azione: sta a noi decidere. La linea seguita fino ad ora ha consigliato di garantire una presenza del PRI nelle istituzioni anche se questo ha significato scelte drammatiche e richiesto coraggio.

Se sapremo far apprezzare la nostra diversità e distinguerci in un mare di sì e di no, senza ragioni di merito, il Partito Repubblicano ritroverà la sua antica dimensione, e conquisterà la sua modernità.